Quando si placano le acque, quando il sole tramonta troppo in fretta, il delirio estivo sbadiglia con la voglia di andare in letargo e le pagine vuote in agenda sono oasi nel deserto di agosto, ecco il momento giusto per alleggerirsi con una rubrica.
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E così, sempre con la voglia di partire anche se le vacanze sono finite, comincerò parlando del caro e vecchio
Messico. Certo, il Messico è grande e per associazione di idee si va con la mente direttamente ai templi Maya di Palenque, Puerto Escondido, o magari al deserto di Chihuahua, ai sombreri o alla cattedrale di San Cristobal. Ma con i loro ritmi caraibici scanditi da sieste e maracas, variopinti pasti a base di tortillas e fagioli, annaffiati dalla tequila, i messicani mi servono semplicemente per introdurre il primo argomento di questa rubrica, poichè sono fra i più grandi esportatori, insieme a Brasile, Argentina e Venezuela, di
telenovelas .
Culebrones, le chiamano in Spagna, che significa qualcosa come serpentone. Già, perché in quell’universo a due dimensioni, in cui esiste solo o il Bene o il Male e, ovviamente, vince sempre il Bene, si snodano complicate storie di catastrofi, passioni, drammi amorosi e familiari. Il tutto condito da perdite di memoria, improbabili casi di bigamia o amori platonici che, sul far della realizzazione, si interrompono perché uno dei protagonisti decide di intraprendere un cammino spirituale. Durante l’ultima puntata de “
La tana dei lupi” (
cuna de lobos ) in Messico, non si vedeva anima viva, peggio che la finale dei mondiali. E sottolineo l’ULTIMA puntata, che significa che le telenovelas, a differenza delle soap opera, finiscono. Ma vengo al dunque: pare che negli ultimi anni i reality show in America Latina abbiano tristemente soppiantato le telenovelas! Orrore! Fortunatamente, per contrastare questa tendenza, per non far scomparire questo interessante fenomeno di costume, alcuni di noi si sono immolati ed è nata
Pamplona,
la telenovela indie-electro-adriatica, che arriverà presto, trionfante, sui vostri schermi.
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Ultimamente mi hanno raccontato la storia di un pitone che si chiamava Cintura, per cui volevo che l’animale di questa rubrica fosse un rettile. E ho scelto l’
anaconda gialla (Eunectes notaeus), anche per rimanere in Sud America, visto che l’anaconda è un boa che galleggia in giro per i fiumi di Argentina, Bolivia, Brasile, dove viene soprannominato matatoro. Sebbene ci sia un mio cugino disposto a giurare di aver visto animaletti di questo genere raggiungere dimensioni pari a 30-40 m, mediamente si fermano a 8 metri di lunghezza.
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Strisciando qua e là attraverso altri continenti ho fatto finta di non accorgermi che è cominciato l’autunno. Per cui mi tocca risalire sul mio lettino volante e tornare verso Ravenna, a cercare sagre e ricominciare a frequentare l’entroterra, salutando la parola che ha messo fine alla mia estate, a questo punto la parola della rubrica,
batida .
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Ma già rullano i tamburi, squillano le trombe, fervono i preparativi, perché di stagioni ne inizia già una nuova, quella del
Bronson!
E io vi aspetto lì.
Buona Attesa A Tutti
Valentina